Aggiornamento n°19/2025 sul mercato dei piani

Acciaio europeo sotto pressione: tra nuove quote e tassa sul carbonio, rischio rincari e fuga industriale

Il mercato europeo dell’acciaio nel 2026 sarà profondamente influenzato dall’entrata in vigore congiunta di due strumenti regolatori: la norma destinata a sostituire l’attuale Misura di Salvaguardia dell’acciaio e l’attivazione della seconda fase del meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM). Entrambe le iniziative rispondono all’obiettivo strategico della Commissione europea di tutelare la siderurgia comunitaria e promuovere la transizione ecologica del settore, ma avranno effetti collaterali significativi sull’industria utilizzatrice di acciaio e sulla competitività complessiva del sistema produttivo europeo.

La riforma proposta prevede un taglio del 47% delle quote di importazione esenti da dazio, portandole a circa 18,3 milioni di tonnellate annue, contro le oltre 26 milioni importate nel 2024. Oltre tale soglia, verrà applicato un dazio del 50%, doppio rispetto all’attuale 25%. A ciò si aggiunge l’obbligo di tracciabilità dell’origine “melt and pour”, volto a impedire pratiche di elusione attraverso paesi terzi. Il risultato sarà un forte restringimento dell’accesso all’acciaio extra-UE, con particolare impatto su categorie come i coils laminati a caldo e a freddo, le lamiere zincate e gli acciai speciali per automotive e meccanica di precisione, per i quali la capacità produttiva europea è già insufficiente a soddisfare la domanda.

Parallelamente, il CBAM, che entrerà pienamente in vigore dal 1° gennaio 2026, imporrà un costo aggiuntivo alle importazioni di acciaio proporzionale al contenuto di carbonio incorporato. Questo meccanismo, volto a evitare la “fuga di carbonio” e incentivare la decarbonizzazione globale, renderà ulteriormente onerosa l’importazione da paesi con standard ambientali meno rigorosi, come Cina, India o Turchia.

Il combinato disposto delle due misure determinerà quindi una progressiva chiusura del mercato europeo, spingendo le imprese manifatturiere – soprattutto nei settori automobilistico, della componentistica, delle costruzioni e dell’elettromeccanica – a ricorrere quasi esclusivamente all’acciaio prodotto in Europa. Tuttavia, secondo stime del settore, la produzione interna non è sufficiente a coprire i fabbisogni complessivi, e ciò provocherà tensioni sull’offerta e un inevitabile aumento dei prezzi.

Inoltre, come denunciato da associazioni di categoria come EUROMETAL e ASSOFERMET, è prevedibile un effetto indiretto: la crescita delle importazioni di beni finiti o semilavorati contenenti acciaio, che sfuggono alle restrizioni CBAM e alle misure di salvaguardia. Prodotti ad alta intensità di acciaio – come macchinari, strutture metalliche, componenti automobilistici o apparecchiature industriali – potranno entrare nel mercato europeo senza dazi sul carbonio, mantenendo un vantaggio competitivo di 50–80 €/tonnellata rispetto ai prodotti europei. Tale dinamica rischia di accelerare la deindustrializzazione di filiere strategiche, con perdita di valore aggiunto e occupazione.

Dal punto di vista dei prezzi, il nuovo assetto normativo è destinato a generare una pressione rialzista strutturale. La riduzione delle quote di importazione, unita alla tassazione del carbonio, limiterà la concorrenza estera e rafforzerà il potere di mercato dei produttori europei, che già operano con margini ridotti e al di sotto della piena capacità. Si stima che nel medio periodo i prezzi dei coils e dei laminati possano stabilizzarsi su livelli largamente superiori rispetto alla media del primo semestre 2025, con punte molto elevate in segmenti a offerta ristretta.

In sintesi, sebbene la Commissione europea consideri questo approccio come l’unica via per sostenere la transizione ecologica della siderurgia, le conseguenze per l’industria utilizzatrice di acciaio saranno rilevanti: minore disponibilità di materia prima, aumento dei costi di produzione e perdita di competitività rispetto ai produttori extra-UE. Il rischio, già evidenziato dagli operatori, è che l’Europa finisca per importare più beni finiti e meno acciaio, trasferendo così all’estero non solo le emissioni, ma anche l’attività industriale e l’occupazione legate alla trasformazione metallurgica.

[Nella foto un’immagine dell’archivio di SANGOI GROUP.]

 

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Editor-in-Chief : Alessandra Sangoi
CEO di SANGOI Group

Acciaio europeo sotto pressione

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